Con l’apertura nel 2005 del Museo Diocesano di Ugento sono ivi confluiti dagli edifici di culto della città e del territorio di giurisdizione della diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca molti oggetti, chiara testimonianza religiosa e culturale della sua gente. Tra i diversi materiali esposti numerosi sono gli argenti liturgici provenienti dalla città di Ugento, per la gran parte analizzati nel volume Arredi preziosi. Argenti e tessuti sacri: Ugento, Presicce, Acquarica del Capo del 1991, ma che erano già stati catalogati nel 1995 per conto della Soprintendenza di Puglia.
Fatta questa premessa, il motivo del mio intervento è quello di riesaminare alcuni dei punzoni impressi sugli argenti liturgici del Museo Diocesano onde favorire l’avanzamento delle conoscenze di questa materia, apportando correzioni e modifiche a quanto già detto ed emendando giudizi non sempre condivisibili.
Il nucleo più consistente della raccolta è costituito da pezzi di manifattura napoletana databili prevalentemente tra il XVII e il XIX secolo; non manca, tuttavia, qualche esemplare di produzione romana e salentina.
I manufatti che intendo qui considerare sono quelli contraddistinti dal numero di catalogo riportato nello studio del 1999 poc’anzi citato.
Di singolare interesse è il Reliquiario di San Vincenzo martire (cat.8), realizzato nel 1745 dall’argentiere Carlo Schisano su commissione del vescovo Arcangelo Maria Ciccarelli (1738-1747). Il presule si distinse pure per la consegna di un altro ragguardevole pezzo, un Ostensorio (cat.9) anch’esso opera di Carlo Schisano. Oltre alla presenza del suo punzone, ovverosia CS•, – dunque leggermente diverso da quello riportato dai Catello (CS privo di puntino), – su entrambi i pezzi fu rilevato il bollo consolare con le lettere GA/C sovrastate da una stella; come ebbi a evidenziare in altra sede, tale punzone non appartiene a Gaetano Alvino ma a Gaspare Avitabile, che fu peraltro console nel 1750.
È da presumere che l’elegantissima Pisside (cat.10) – la cui tipologia rientra nello stile “traforo partenopeo”, una fortunata soluzione artistica di cui non conosciamo bene né gli esordi né il prototipo, ma che si diffuse nella capitale partenopea tra gli ultimi decenni del Seicento e i primi del Settecento – possa essere opera di Andrea De Blasio, uno dei più validi argentieri attivo tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento. Del suo punzone A•D•B, parzialmente consunto sulla pisside in esame, sono rilevabili le prime due lettere. Qui è pure incusso il lacunoso bollo consolare (a malapena leggo la lettera finale C). Se fosse giusta, per via della parziale consunzione, la lettura del punzone B.T. impresso sulla Pisside (cat.11), il manufatto acquisterebbe estremo interesse, visto che tale punzone non compare nel repertorio ufficiale ed è stato finora individuato sull’ostensorio della basilica di San Paolo fuori le mura a Roma e sull’ostensorio del 1776 della chiesa di San Basilio Magno ad Agnana Calabra. Conosciamo tuttavia, l’esistenza del bollo consolare B•T/C rilevato su una lampada pensile del 1768.
Il Secchiello per l’acqua benedetta (cat.15) fu datato attorno al sesto decennio del XVIII in ragione del consunto punzone di garanzia, NAP ; a mio parere va invece retrodatato al quarto decennio, poiché rilevo il punzone NAP. Ebbi modo di assegnare lo stemma effigiato sul secchiello, a suo tempo non riconosciuto, al vescovo Tommaso Mazza (1747-1768); per questo motivo è attendibile circoscrivere il manufatto tra il 1747 e il 1749.
Del successivo Calice (cat.16) non condivido l’assegnazione tout court a un argentiere napoletano del 1768; a quest’ultimo va sicuramente ascritto il sottocoppa, su cui è incusso il camerale di Napoli, mentre a un suo più anziano collega del XVII secolo va restituito il fusto e il piede, sul cui orlo leggo a malapena il punzone NAP. Sotto l’aspetto tipologico, tuttavia, il nodo ovale contenuto tra due cespi di foglie d’acanto è peculiarmente di produzione romana. Analogie, in tal senso, si possono cogliere, per fare due soli esempi, con il calice della chiesa di San Bartolomeo a San Bartolomeo in Galdo10 e con quello della chiesa di S. Maria in Traspontina a Roma.
La coppia di Calici neoclassici (cat.25) era restituita per via del punzone C.S., a Carlo Spasiano; in realtà, ho potuto appurare la presenza di un punzone differente: di forma quadrata e con gli angoli smussati, racchiude le lettere CS sovrastanti tre puntini allineati tra loro. Questo bollo di un argentiere napoletano, non registrato nel repertorio ufficiale, è stato per la prima volta rinvenuto sull’ostensorio (1809-1823) della chiesa di San Nicola di Bari a Orsara di Puglia, e su due pissidi conservate nel monastero delle Benedettine Olivetane a Palo del Colle.
A questo stesso argentiere CS, non già a Carlo Spasiano, vanno pure assegnati altri manufatti: il Servizio per abluzione (cat.27), come si sa composto da una brocca e da un bacile, che sappiamo essere stato commissionato dal vescovo Camillo Alleva (1818-1824); il Vassoio della cattedrale (cat.28a); un ennesimo Calice (cat.26), su cui erroneamente si rilevò il punzone F.C.. Per quest’ultimo reperto, faccio notare che la sigla C.A. incisa sotto la base del piede e nel mezzo della Patena, è senz’altro l’acronimo di monsignor Camillo Alleva, a questo punto identificabile come l’unico committente di tale gruppo di argenti.
Ancora il punzone CS, accompagnato dal consunto marchio di garanzia della città di Napoli, ossia NAP, permette d’assegnare a questo ignoto argentiere anche il Calice (cat.64) già di proprietà della chiesa di
Sant’Antonio, nonostante che per la foggia e, ancor più, per i decori esso si rifaccia a un raffinato gusto del passato, in particolare allo stile “traforo partenopeo” (vedi sopra).
Del vescovo Angelico De Mestria (1828-1836) la cattedrale di Ugento conservava, prima del successivo trasferimento nel Museo Diocesano, l’Ostensorio (cat.32) per la gran parte ancora legato al gusto rococò; non mancano, tuttavia, riferimenti alla cultura classica, chiaramente evidenziato dal motivo a ‘cane corrente’ che cinge una fascia della base ovale. Sul manufatto in esame fu rilevato il solo punzone di Stato. A ben vedere, qui è pure incusso il punzone di un argentiere contraddistinto dalle lettere GN sovrastate da una stella. Questo stesso, diversamente da quanto indicato, ricompare sulla Palma del martirio (cat.29) della statua in legno di San Vincenzo. Tale bollo fu rinvenuto dai Catello su sei sottobicchieri (1823-1832) di una collezione privata di Napoli.