Epoca: 1618
Autore: Donato Antonio D’Orlando (1560 ca. – 1636), attr.
Tecnica: olio su tela
Misure: cm. 263,5 x 166
Stato di conservazione: recente restauro
Provenienza: Ugento, Palazzo Vescovile (già nella chiesa delle Benedettine di Ugento)
Epoca: 1618
Autore: Donato Antonio D’Orlando (1560 ca. – 1636), attr.
Tecnica: olio su tela
Misure: cm. 263,5 x 166
Stato di conservazione: recente restauro
Provenienza: Ugento, Palazzo Vescovile (già nella chiesa delle Benedettine di Ugento)
Il dipinto della Visita di Maria ad Elisabetta, proveniente dalla chiesa delle Benedettine di Ugento, è probabilmente pendant e contemporaneo a quello delle Sante Maria Maddalena e Francesca Romana, realizzato nel 1618 dal pittore neretino Donato Antonio D’Orlando (1560 ca. – 1636) per la stessa chiesa.
Un soggetto assai caro alle religiose ugentine, tanto da conservare nello stesso complesso un altro dipinto del XVII secolo raffigurante lo stesso soggetto (Cfr. Scheda 11), e poi ancora nel Settecento, nel rifare lo spledido altare maggiore in marmi policromi, faranno applicare nel paliotto un rilievo in marmo con la medesima scena. Un altro dato interessante è emerso dalla Relazione ad Limina del 1741 del vescovo di Ugento Ciccarelli, dove si riporta che il monastero è “sub invocazione Visitationis Beatae Mariae Virginis” (Palese 1980, p. 265).
Maria, dopo l’annuncio della nascita di Gesù, “si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta” (Lc 1, 39-40).
Il pittore immagina la scena nel momento in cui avviene il saluto con stretta di mano con la giovane Maria e l’anziana cugina Elisabetta. Entrambe hanno il ventre prominente, poiché una incita di Gesù e l’altra del Battista. Il gesto della Vergine di portare la mano sinistra sul petto è presumibilmente segno di accettazione e di conferma del suo ruolo di futura madre del Signore, riconosciuta anche dalla parente e dal figlio in attesa: “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore»” (Lc 1, 41-45).
Al seguito delle due donne ci sono gli sposi, a sinistra è l’artigiano Giuseppe e a destra l’anziano sacerdote Zaccaria.
Nella rappresentazione di san Giuseppe, il padre putativo di Gesù, si riscontra l’usanza stereotipata medioevale di raffigurarlo come un uomo attempato, tradizione derivata dai racconti dei vangeli apocrifi che lo riportano come un vecchio vedovo con figli che ha preso in seconde nozze Maria. La raffigurazione di un uomo anziano può essere intesa anche per preservare la verginità di Maria dopo il parto.
Lo sfondo è occupato per la metà da uno scorcio di una città, dalle architetture sommariamente prospettiche, e da interessante paesaggio montagnoso, dove risaltano dei piccoli nuclei abitativi, in connessione alle parole dell’evangelista Luca che scrive dell’incontro avvenuto in una città di Giuda “verso la montagna”.
S.T.
Bibliografia: Palese 1980, pp. 265, 271; Cassiano 2005, p. 90.